Alla scoperta di Fukushame, documentario di Alessandro Tesei da stasera nelle sale

di La Redazione

Era l’11 marzo del 2011 quando un violento terremoto colpisce il Giappone, provocando, inoltre, un violento tsunami che distrugge chilometri di costa e pianura, danneggiando anche irreparabilmente le centrali nucleari di Fukushima. particelle radioattive si disperdono su tutto il Giappone e, le città più vicine alla zona della catastrofe, vengono evacuate e la zona interessata diventa off limits per tutti.

Ma Alessandro Tesei, dotato di quella curiosità tipica dei fotoreporter, lo farà, a soli sette mesi dalla tragedia, e, con l’aiuto del gruppo animalista Animal Forest si porterà a meno di un chilometro di distanza dalla centrale, fotografando e registrando tutto quello che incontra sul suo cammino.

Immagini, interviste e contributi vari sono stati sapientemente messi insieme da Matteo Gagliardi, dando vita a Fukushame: the lost Japan. Quello che si vede è una città fantasma, il cui stato di abbandono fa a pugni con la bellezza della natura che la avvolge e la circonda.

A fare da colonna sonora di questo viaggio sono i beep del contatore geiger, “unica voce della verità in mezzo a un mare di menzogne”. Il peso delle radiazioni, così invisibili eppure così presenti, è stato reso anche grazie alle riprese in grandangolo: ciò che vediamo è distorto, è falsato, così come lo è la radioattività, che altera e deforma tutto ciò che incontra.

Fukushame: the lost Japan, non è solo un atto di amore verso il Giappone, ma è un documentario che pone tanti interrogativi. Ecologia, società, economia e politica: tutto ha un peso in quello che è successo in Giappone quel giorno di marzo e Alessandro Tesei, con il contributo del già citato Gagliardi, di Pierpaolo Mittica, fotografo umanista che si è già occupato della questione del nucleare (la sua mostra Chernobyl: l’eredità nascosta è stata scelta nel 2006 dal Chernobyl National Museum di Kiev in Ucraina come mostra ufficiale per le celebrazioni del ventennale del disastro di Chernobyl) e del giornalista Pio D’Emilia, è riuscito a creare un anche grazie a scatti e riprese non autorizzate, un documentario coraggioso e vero.

 

 

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