Torneranno i prati, recensione in anteprima

di La Redazione

Un film utile, queste le parole più utilizzate dai protagonisti di “Torneranno i prati”, nuovo film di Ermanno Olmi, realizzato in occasione del centenario della Prima Guerra Mondiale.

Un film ispirato e si vede, Olmi, quando gli hanno proposto il progetto, ha pensato subito a suo padre, ai racconti del genitore sulla guerra, quella guerra “dov’era stato soldato”.

Un film utile, utile a spiegare l’abominio della guerra, utile a spiegare la stupidità di quel conflitto e utile a mostrare il “tradimento” fatto ai danni di quei ragazzi mandati a morire senza un perché.

Ma “Torneranno i prati” non è solo un film utile, è anche, come già detto, un film ispirato, e poetico, il racconto in immagini di una notte, una lunga notte in cui i protagonisti, come hanno dichiarato, hanno dovuto “semplicemente” tirar fuori la poesia richiesta da Olmi.

Straordinari i giovani attori, a partire da Alessandro Sperduti, Francesco Formichetti, Andrea Di Maria, Camillo Grassi, Niccolò Segni e bravissimo anche Claudio Santamaria nel ruolo del Maggiore. Tutti sembrano avvertire il peso di quei ruoli, il peso della neve gelida sui monti di Asiago, il peso di dover rendere giustizia alle vite di quei giovani soldati chiusi nelle trincee contro un nemico invisibile. Sacrifici umani, seppelliti sotto la neve, dove in primavera torneranno i prati, a coprire con l’erba ciò che è stato, come nulla fosse successo.

Tanti gli elementi che di questo film colpiscono, a parte la tensione emotiva che trasuda da ogni inquadratura, da ogni espressione, da ogni movimento, da ogni parola, ma anche l’occhio del regista che ci fa vedere estremamente da vicino la guerra, il contrasto tra le voci basse dei soldati, sfiancati dal freddo e dalla febbre, dalla paura e da un nemico che potrebbe udirli, e il rumore incredibilmente assordante delle bombe.

La guerra è l’annullamento totale dell’umanità, e questo è quanto emerge, con forza, dal film di Olmi.

 

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