Protezione o protezionismo? Forse né l’una né l’altro

di La Redazione

Il governo uscente ha deciso che, prima che il suo mandato finisse definitivamente, fosse giunto il momento di dare qualcosa agli italiani invece che continuare a tagliare. E lo ha fatto scegliendo di proporre un decreto sulle quote per il cinema italiano.

Un provvedimento che arriva dopo tantissimi anni di discussioni e di trattative e che rende entusiasti e molto positivi tutti gli addetti del settore, soprattutto produttori e distributori.

Si tratta, sicuramente, di un atto dovuto, non solo perché era stato richiesto dalla Comunità Europea, ma proprio perché il cinema italiano ha la necessità di avere degli spazi e delle possibilità di espansione che non potevano arrivare solo dall’iniziativa dei privati. Ma, a ben guardare, viene da chiedersi se questo provvedimento servirà davvero a cambiare le cose.

Il problema di fondo, infatti, sta nel rapporto tra il cinema italiano e la televisione. E’ fatto risaputo che le emittenti televisive (pubbliche e private) riescono ad ottenere la maggior parte dei loro guadagni attraverso i passaggi pubblicitari, con tariffe che cambiano in base all’ora di programmazione e della trasmissione in cui sono inserite. Questa basta a far capire che, anche con questo provvedimento, la situazione potrebbe, di fatto, rimanere immutata.

E’ vero che, se il provvedimento sarà confermato, in televisione ci saranno molti più film italiani, ma, il provvedimento non prevede alcun obbligo di dare rilevanza alla produzione nostrana piuttosto che a quella estera. Cosa cambia se un bel film italiano, magari un film innovativo di un giovane regista, o un film indipendente (insomma, quelle pellicole che davvero hanno necessità di un aiuto in più per emergere) invece di rimanere in un cassetto, viene passato a notte inoltrata?

Cambia che la norma sulle quote sarebbe stata rispettata, e poco altro. La faccenda, quindi, è e rimane nella mani di chi decide i palinsesti. Saranno abbastanza coraggiosi da rinunciare a qualche punto di share (il che vuol dire anche rinunciare ad una parte degli introiti pubblicitari)?

In conclusione, che si voglia parlare di protezionismo o meno, il destino del cinema italiano rimane nelle mani, purtroppo, non di chi lo fa ma di chi ha l’onere e l’onore di farcelo conoscere.

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