“La strada”, per Fellini una moltitudine di solitudini

di La Redazione

L’amore? Può essere descritto con parole o storie, rasentando in entrambi casi l’infinito. Una delle storie più adatte a descrivere l’amore è quella tra Gelsomina e Zampanò. Lei è la classica ‘ragazza per bene’. Lui? Lui invece è un giramondo che fa parte di un circo. Rozzo, ‘maschio’, poco affettuoso. Reo di ‘scatti d’ira’ che lasciano il segno.

Come il giorno in cui uccide un ‘collega’ circense, “Il Matto”, lasciando sbigottita Gelsomina. La reazione di lei è incontrollabile. Gelsomina impazzisce e Zampanò l’abbandona. Quando, però, viene a sapere della sua morte, il rozzo circense giramondo scoppia in un pianto senza precedenti.

Qui, di scena, torna l’amore. Nella sua forma più particolare. Celebrato ne “La strada”, capolavoro di film di Federico Fellini che gli valse il primo Premio Oscar.

“La strada” è il principio del successo a livello internazionale per il regista italiano. Successo che Fellini condivide con la moglie Giulietta Masina, straordinaria nei panni di Gelsomina. Ruolo, quest’ultimo, che segna a livello indelebile la sua carriera.

Commovente è, poi, Anthony Quinn nel ruolo del rude Zampanò. “La strada” rappresenta una sorta di moltitudine di solitudini. Scorrono sullo stesso tragitto, tra scene che rimangono impresse per sempre in memoria, e attimi che di proposito non tornano più. E’ un film ‘forte’, fatto di eventi che segnano quali ad esempio la morte del “Matto”.

Un autentico classico della nostra tradizione cinematografica.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>