Reality, Matteo Garrone: “…camorra e televisione, sono pericolose uguale”

di La Redazione

Domani in edicola con il nuovo numero dellla rivista Max ci sarà un’intervista a tutto campo con il regista Matteo Garrone, in questi giorni nelle sale con la commedia Reality, reduce da un premio al Festival di Cannes e dalla scia di polemiche che hanno accompagnato la sua partecipazione da giurato al Festival di Venezia.

A seguire trovate alcuni stralci dell’intervista di Max al regista che si toglie qualche sassolino dalla scarpa, parla dei deleteri postumi post-Gomorra e della televisione come killer della moralità paragonandola, “fatte le dovute proporzioni“, alla camorra:

Ama il tennis e la pittura, è uscito «vampirizzato» da Gomorra mentre Reality, nelle sale italiane in questi giorni, lo ha «lasciato pieno di energie e libero».

Un Matteo Garrone meno conosciuto si racconta a Max, in edicola da giovedì 4 ottobre e su ipad e online max.gazzetta.it: «per lavorare ho bisogno di metodo, di disciplina. All’inizio trovare la storia è difficile: deve scattare l’eccitazione, è quasi come con le donne. ma per il mio prossimo lavoro non ho intenzione di aspettare altri quattro anni».

Da Gomorra ai reality tv: «…fatte le dovute proporzioni, camorra e televisione, sono pericolose uguale. Non siamo più esseri pensanti ma compranti. non ci accontentiamo più della celebrità, ma siamo pronti a rinunciare alla nostra vita per avere un posto in un paradiso che è solo quello televisivo. Viviamo nel paese dei balocchi».

Happy end però: «…l’ipotesi più tragica l’abbiamo scartata. L’abbiamo accantonata perché non volevamo dire che la televisione uccide…».

In mezzo un pensiero su Fabrizio Corona, un’idea, poi scartata: «diciamo che con Fabrizio è stato un flirt. Di Corona mi affascinava il rapporto tra persona e personaggio: non sarebbe stato un film su di lui, ma lui avrebbe unito storie legate alla cronaca recente. mi sono disamorato perché mi sarei scontrato con immagini ancora troppo presenti nella testa e negli occhi della gente».

E se «esordire è stato naturale […], la parte difficile è stata convivere con il trionfo di Gomorra: è stato destabilizzante, ho cercato di stare attento, ma il successo ti fa diventare un po’ megalomane»…«Dopo Gomorra mi sembrava che ogni storia non fosse abbastanza forte. e per un anno ho fatto il rappresentante di quel film in giro per il mondo, non parlavo d’altro …alla fine, non sono neppure entrato nella cinquina dei candidati all’oscar come miglior film straniero».

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