Lina Wertmüller, regista da cinquant’anni – L’esordio con “I Basilischi”

di La Redazione

Mancano pochi giorni all’inizio della 66° edizione del Festival di Locarno, che si terrà dal 7 al 17 agosto 2013 nella cittadina svizzera.

Cinquant’anni fa, a quel festival, partecipò una illustre sconosciuta, destinata a diventare negli anni una delle registe più influenti della cinematografia italiana contemporanea.

Era il 1963 quando Lina Wertmüller approdò al Festival di Locarno con il suo primo film I Basilischi. Una pellicola costruita su quelli che saranno i punti saldi della produzione della regista romana da quel momento in poi.

I Basilischi fu premiato al Festival di Locarno con la Vela d’Argento e vinse anche altri premi in varie altre manifestazioni in Europa. Nonostante il film non fu esente da critiche, anche pesanti, come del resto è sempre accaduto per i film di Lina Wertmüller, I Basilischi è considerato come uno dei film meglio riusciti della Wertmüller.

Così si usa, dopo mangiato tutti a coricare. Quand’è la controra si buttano tutti nelle braccia di Morfeo, che in questo paese dovrebbe essere fatto santo Patrono e portato in processione al posto di Sant’Antonio. Io non dormo, e chi ci riesce? Nella mia testa continuano a girare domande senza risposte. Quest’ora è sacra…E’ la controra…

Il bersaglio di Lina Wertmüller ne I Basilischi è la provincia del Sud, quella provincia che tiene prigionieri, con catene fatte di pregiudizi e di accidia, i giovani, sopratutto quelli che, grazie alla disponibilità economica, potrebbero evolversi da questo provincialismo spinto.

Ma i tre protagonisti de I Basilischi, Francesco, Sergio e Antonio, giovani privilegiati e di belle speranze, non hanno la volontà per liberarsi da quelle catene, anche quando ci sono le opportunità per farlo.

Il provincialismo e l’apatia sono i grandi mali del profondo Sud. Laggiù in quei paesi fuori dalle strade, rimasti indietro nel tempo, la borghesia – la sola che poteva permettersi di studiare – si pone sempre davanti la scelta di andarsene – come fece mio padre – o di rimanere e lasciarsi andare.

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