Zeta, il film di Cosimo Alemà sul rap italiano è pronto al debutto nelle sale

di La Redazione

“Zeta” è l’opera terza del prolifico regista di video musicali e pubblicità Cosimo Alemà, che nelle note di regia scrive di voler realizzare un film generazionale in grado di rappresentare i giovani Millennials, così come negli anni Ottanta aveva fatto “Il tempo delle mele”, con le dovute proporzioni, “L’odio”.

Gli si potrebbe obiettare che non è possibile costruire a tavolino un’opera del genere, è necessario solo avere la fortuna di cogliere lo zeitgeist e avvertire il mood del momento, e che spesso i grandi successi nascondo da scelte inconsce e inconsapevoli.

Va detto tuttavia che Zeta non ha l’aria di essere una mera operazione commerciale, perché di verità ne ha da vendere. A partire dal suo protagonista e attore debuttante, il giovanissimo rapper di Cogoleto Diego Germini (in arte Izi), che col suo personaggio ha molti punti in comune (leggere la sua biografia per credere), per continuare coi luoghi di una Roma periferica ricordata dai media quasi solo in occasione di fatti di cronaca nera, ma non per questo meno viva, vibrante, popolata da giovani arrabbiati e disorientati per cui il rap è un modo per uscirne vivi.

E il rap è un mezzo di espressione immediato e democratico: chiunque può scrivere rime che parlino di sé, della vita che soffre e di quella che vorrebbe, di amore e quotidiano, tradimenti e dolori, può fare un video e caricarlo su youtube e, se è proprio tosto e determinato, presentarsi su un palco dove si combattono le famose – e per fortuna incruente – battaglie del freestyle, che non si fanno solo in America o nella Detroit dell’8th Mile, quella di Eminem e del film che la racconta. Il rap si suona senza strumenti, a cappella o con basi registrate: protagoniste sono la voce e le parole, il ritmo battente del verbo e della rima. Non c’è da stupirsi che in Italia da qualche anno si assista a una vera e propria esplosione di un fenomeno che nasce dal basso (dalla strada e dall’intimità) ed è arrivato in alto, confrontandosi anche con un pubblico – vedi Sanremo – a cui non sarebbe mai arrivato, e a volte è difficile distinguere chi è artista vero e chi fenomeno costruito e lanciato da astuti producer o talent show. Non sorprende nemmeno che il pubblico che ama questo genere sia composto da giovani e giovanissimi che si riconoscono nelle sue tematiche. L’idea dunque di ambientare un film musicale per ragazzi – che questo è Zeta – all’interno di questo universo, è sicuramente opportuna e vincente.

 

 

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