Ritrovare Nanni Moretti per riscoprire il cinema italiano

di Ipo

No, Nanni Moretti non è il miglior regista italiano, se questo è ciò che avete capito dal nostro titolo. Moretti è ciò che manca a chi non ha mai visto un suo film. Se un comune regista di sinistra, critico contro la sinistra e contro il cinema, ha saputo dare tanto al cinema del Belpaese quello è proprio lui.

Lo diciamo con convinzione perché visionare un suo film, specialmente quei magici lungometraggi degli esordi e degli anni ’90, è sempre un’esperienza che ti riempie di emozioni contrastanti. Potresti non coglierlo e potresti schifarlo, ma prima o poi ci ritorni e ti ritrovi a rivedere un suo film con più attenzione e spirito critico.

Chi vi scrive ha iniziato con Ecce Bombo (1978) e dopo la prima visione era rimasto con un pugno di mosche. Aveva continuato con Palombella Rossa (1989), stesso discorso. In maniera del tutto disordinata ci aveva messo in mezzo Sogni D’Oro, La Messa è FinitaCaro Diario e infine Aprile Il Caimano

Dei primi 4 rimasero le risate, poi è arrivato Bianca (1984), che personalmente è stato il collante per unire tutti i punti distribuiti da Nanni Moretti nel suo più tipico percorso cinematografico. Bianca coniuga il nonsense con il dramma, la risata sguaiata con l’introspezione, l’amore con l’indifferenza e il cinismo. Esattamente come avviene nelle altre pellicole.

Sì, perché se da una parte Nanni Moretti mette tutto dentro i dialoghi, le riprese, le scene e le musiche in un montaggio che si presenta, agli occhi di un inesperto, come tagliato e incollato a caso, dall’altra ti accorgi che ogni minuto dei suoi film è una storia a sé. Non diventa difficile, dunque, riguardarlo per coglierne tutte le sfumature.

Ecce Bombo sono i giovani, Palombella Rossa è un padre, Sogni D’Oro è un regista, Caro Diario è un uomo solo, La Messa è Finita è un figlio, Bianca è un uomo innamorato. Via discorrendo, questo accade in ogni film di Nanni Moretti: il suo personaggio è l’Italia con gli occhi di un cittadino incastrato nelle dinamiche della quotidianità, che guarda tutto in modo confuso e lo rigurgita sul pubblico per comunicargli il suo smarrimento, condividendolo.

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