“Rocco e i suoi fratelli”, fedele foto degli anni dello sviluppo italiano

di La Redazione

Bello e tragico, abbagliante e riflessivo. Realista, lucido, chiaro, luminoso. Questi sono solo alcuni degli aggettivi disponibili per la descrizione di un capolavoro del calibro di “Rocco e suoi fratelli“.

Un film che si basa sulla storia di una famiglia, quella che gravita intorno al personaggio principale, che non ha molte speranze.

Una famiglia della Basilicata che affronta il boom economico dell’Italia degli anni sessanta provando a fare fortuna e spingendosi verso nord. Il nucleo arriva a Milano.

Una Milano che il regista Luchino Visconti, nel periodo più bello della sua produzione cinematografica, racconta alla perfezione. Milano è così come appariva agli occhi dei suoi visitatori lungo le sue strade: dura, fredda, generosa quando c’è da offrirsi ai lavoratori venuti da lontano.

In questo caso costoro sono i quattro fratelli di Rocco, affascinati da cotanta bellezza, leggermente perduti per le strade del capoluogo lombardo.

I quattro arrivano alla stazione della città meneghina, uniti. Presto però, saranno costretti a dividersi. Preso, inoltre, i loro sogni svaniranno.

A tornare indietro sarà soltanto Rocco. Ma tornerà cambiato. Non più il ragazzo semplice partito per un viaggio ‘della speranza’. Ora la sua innocenza si è definitivamente persa, assieme al suo candore.

“Rocco e i suoi fratelli” rappresenta una bellissima pagina della cinematografia italiana.

Una fedele fotografia degli anni dello sviluppo e del lavoro. Anni in cui gli immigrati non arrivavano dall’estero, bensì dalla stessa Italia, e molti rimanevano schiacciati dalle sconfinate possibilità che offriva la Milano di allora (proprio come capiterà a uno di loro, Simone).

Molti di loro diventeranno la colonna portante di una intera struttura sociale futura.

Oggi che i tempi sono pressoché cambiati, questa fotografia è ancora bella (e utile) da guardare. Una fotografia scattata alla perfezione da Luchino Visconti.

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