Il Terzo Tempo raccontato dal regista Enrico Maria Artale

di La Redazione

Sarà nelle sale italiane da domani sera Il Terzo Tempo, l’esordio al lungometraggio del giovane e promettente regista Enrico Maria Artale.

Si tratta di una pellicola particolarmente attesa, date le credenziali del regista: Enrico Maria Artale, infatti, anche se questa è la sua prima prova sulla lunga distanza, ha già una buona esperienza con il cortometraggio. L’ultimo, Il respiro 
dell’arco, è stato presentato in concorso al 64° Festival del Cinema di Locarno, ha vinto la Spiga d’oro alla 56° Seminci – Festival Internazionale di Valladolid, il Cinemaster 2012 e ha ricevuto il Nastro d’Argento come miglior cortometraggio.

Un ottimo inizio, quindi, per Artale, che ci presenta il suo lavoro, Il Terzo Tempo, che da stasera potremo vedere nelle sale.

Il Terzo Tempo è un film che riunisce diversi generi attorno a un’emozione: la palpitazione giovanile di chi sente, per la prima volta in vita sua, che le cose possono veramente cambiare. E così il film sportivo o il film sociale di derivazione carceraria, la commedia sentimentale o il dramma familiare, s’intrecciano indissolubilmente in un racconto dove ogni personaggio è segnato da un conflitto interiore, il cui accostamento arriva a produrre situazioni imprevedibili, a volte dure, a volte divertenti; dove a trionfare in un modo o nell’altro è sempre l’istinto di sopravvivenza, l’incontenibile desiderio di vita.

Di film imperniati sullo sport ne sono stati fatti tanti, ma Il Terzo Tempo ha un qualcosa di diverso, un’originalità che, molto probabilmente, deriva dalla giovane età del suo regista e da un approccio diverso ai personaggi che qui sono stati completamente ribaltati rispetto ai soliti canoni: ognuno di loro, specialmente l’allenatore, sembra muoversi soltanto per i propri interessi personali, apparentemente privo di qualsiasi considerazione morale.

Una logica paradossale: facendo le cose sbagliate, per il motivo sbagliato, i personaggi de Il terzo Tempo arriveranno tutti ad un insperato riscatto, svelando solo alla fine i veri valori della storia.

Il film è innanzitutto la sfida fisica, spettacolare, intimamente epica, di chi è tenuto sempre a rilanciare la posta in gioco,  nel tentativo di canalizzare un’energia, potenzialmente violenta e distruttiva, in qualcosa che possa nobilitarla e valorizzarla: il rugby, sport che diventa metafora della vita, con l’impegno e la disciplina che richiede, con lo sforzo di cui necessita, con il gioco di squadra che implica.

Nella storia vissuta dal protagonista il “terzo tempo” è proprio quello che celebra la vittoria e la sconfitta, eventi che coesistono nel match della nostra esistenza quotidiana.

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